Automotive: perchè è il momento di internazionalizzare in USA

Si pensa sempre al mondo Automotive targato USA come un gigante in mano alle “Big 3”, grandissime corporations come Ford, Chrysler e General Motors. Detroit è nel nostro immaginario la capitale del mondo Automotive e le stesse fortune della capitale del Michigan sono strettamente legate all’andamento del mercato dell’auto. Ma come sempre, i grandi miti sono destinati a cadere, e i punti di riferimento a cambiare la loro posizione.

Il mondo dell’automotive è scosso oggi da due grandi onde di innovazione: elettrificazione e guida autonoma. Accanto a questo, un sempre più crescente approccio “Pay per Use” in ogni cosa della nostra vita (pensate a quante opzione di sharing economy utilizziamo ogni giorno, dalle vacanze ai monopattini elettrici nei centri delle città), pongono tutto il mondo dei costruttori dei veicoli di fronte a dei fattori sempre più “disruptive”. Se per la guida autonoma i tempi sembrano ancora decisamente lontani, almeno per poter vedere dei modelli commercialmente disponibili in grado di essere realmente autonomi, l’elettrificazione dei veicoli procede a passi veloci., tanto è vero che in Europa, seppur in maniera controversa e probabilmente soggetta ad essere posticipata, è noto il bando alla produzione di motori termici entro il 2035.

Ma tornando agli USA, tutto questo ha già creato un effetto evidente: molti piccoli costruttori si stanno affacciando sul mercato, con produzioni limitate nel numero ma specializzate nel tipo di veicolo che propongono. Il veicolo elettrico è relativamente più semplice di un veicolo convenzionale, con meno ingombri per il motore endotermico e il suo sistema di raffreddamento, e meglio si presta alla creazione di vere e proprie piattaforme sulle quali il cliente finale può decidere non solo gli “optional” del modello, ma spesso la competa realizzazione del suo allestimento. Uno stesso telaio può avere uno, due o tre motori elettrici, e quindi livelli di potenza e di trazione – singola o integrale – che cambiano radicalmente il modello e il suo utilizzo.

Piccoli costruttori come Rivian o Lordstown stanno reinventando il Pick Up in chiave elettrica, altri come Lucid Air si stanno proponendo nel segmento Luxury ma con velocità e handling da super sportive, Fisker propone un SAV completamente elettrico con i pannelli solari sul tetto e utilizzo di materiali riciclabili, altri ancora come Canoo stanno sviluppando dei veri e propri veicoli MPV (Multi Pourpose Vehicles) che sono costruiti sulle esigenze di servizio e di missione del cliente (fino alla missione super specializzata di trasportare gli astronauti della NASA alle rampe di lancio). In parallelo, ogni stato americano è alla ricerca di soluzioni per sostenere la mobilità urbana e sub urbana, e anche in questo ambito, piccoli costruttori si affacciano sul mercato per Minibus, veicoli per distribuzione locale o anche per veicoli sanitari e scuolabus.

L’elemento comune di successo in queste storie appare sempre di più essere la capacità di avere una produzione agile, flessibile, capace di soddisfare requisiti tecnici e tecnologici elevati anche su piccoli volumi, pronta a modificare i dettagli per rispondere alle richieste del cliente, e con la tecnologia adatta per seguire la specializzazione e il “Made to Measure” che ognuno di questi costruttori dichiara di voler perseguire. I grossi fornitori che servono l’industria automobilistica mondiale sono scarsamente interessati ai piccoli volumi di questi costruttori, non hanno la massa critica che ciascuno di loro considera necessaria allo sviluppo delle loro applicazioni, ed è in questo scenario di rivoluzione e in continua evoluzione che anche aziende piccole, in possesso delle tecnologie necessarie e rilevanti, possono avere accesso ad un mondo che fino ad oggi consideravano inavvicinabile.

La filiera dei fornitori è in molti casi ancora in allestimento (non esistono ad oggi le strutture per la produzione delle batterie di tutti i veicoli elettrici che si stimano necessarie nei prossimi anni), la tecnologia è nuova, le competenze non sono consolidate, le logiche sono radicalmente diverse. Attorno ad ogni costruttore, devono ancora completarsi filiere di supporto alla concezione, allo sviluppo e alla produzione, e attorno all’insieme del mondo del veicolo elettrico sono necessarie le infrastrutture per la gestione delle ricariche, le reti tecnologiche per il service, i software delle interfacce, della gestione delle batterie, del controllo dell’elettronica di bordo, ma anche la tecnologia 3D printing, l’automazione delle linee di produzione, i servizi di logistica integrata, e perfino sistemi di 3D painting, tecnologie della plastica, sviluppo di tessuti innovativi.

Gli Stati Uniti si sono scoperti deboli nelle infrastrutture industriali di base, laddove sono necessari volumi relativamente piccoli e utilizzo di tecnologia avanzata; molto è stato negli anni “appaltato” in quelli che si definivano “Low cost countries”, ma le difficoltà logistiche post pandemia e le tensioni internazionali rendono oggi il modello estremamente debole (la merce non arriva a tempo), estremamente precario (la merce è scarsa e i tempi di lavoro sono incerti), e spesso estremamente caro (la merce ha un costo molto elevato anche per le difficolta della logistica). Il modello di sviluppo odierno è quello di regionalizzare le filiere e ognuno degli Stati “automotive” in USA (West Virginia, Ohio, Illinois, Indiana) ha oggi una politica molto favorevole e adatta ad attirare investimenti stranieri.

Il tessuto produttivo italiano è ideale in questo contesto, ed estremamente richiesto: realtà medio piccole, innovative, estremamente flessibili e con capacità di pensare “out of the box” che non ha eguali in Europa e che non trova modelli simili negli Stati Uniti. Il momento è adesso: da una parte un mondo Automotive in profonda riorganizzazione con logiche totalmente differenti, dall’altra un tessuto normativo e finanziario estremamente accogliente per chiunque abbia voglia investire e diventare “americano”; pacchetti di incentivi, garanzie pubbliche sul finanziamento, tax credit e supporto alla formazione sono elementi comuni; laddove si possano costituire “cluster” di aziende o raggruppamenti, gli incentivi possono essere ulteriormente personalizzati. Ma attenzione, andare negli Stati Uniti è semplice, ma non facile! Gli americani sono lineari nell’approccio ma inflessibili nella sua applicazione e spesso la mancanza di preparazione e di risorse adeguate è per noi italiani l’ostacolo principale.

Noi di IA International Advisors vi supportiamo nell’intero percorso di internazionalizzazione, dalla prima fase di esplorazione e di analisi delle opportunità, alla individuazione del sito migliore per l’insediamento, al rapporto con gli enti governativi e la gestione della documentazione necessaria, fino agli aspetti più operativi della gestione e costruzione del progetto, la ricerca del general contractor e delle utilities e, se necessario, nello sviluppo del business e delle risorse umane. Conosciamo le normative, abbiamo intensi e costanti rapporti con gli enti governativi e disponiamo di supporto locale adeguato e preparato. Possiamo introdurvi efficacemente nel nuovo percorso di management multiculturale, attraverso corsi di formazione e supporto di temporary management. Abbiamo l’esperienza necessaria per trasformare la vostra idea in un progetto di successo.