Il discorso di Scholz all’Università Carolina di Praga: la bussola della nuova Europa?

Passato perloppiù nel silenzio generale dei media italiani, occupati senza distinzione alle vicende politiche nostrane e sempre più inclini ad una visione ombelicale e miope della situazione mondiale, il discorso che il Cancelliere Olaf Scholz ha pronunciato lo scorso 29 agosto all’università Carolina di Praga, tratteggia in maniera molto decisa molte delle tematiche che l’Europa dovrà affrontare nei prossimi mesi e anni, ma ci consegna un quadro di ottimistico realismo. 

La guerra in Ucraina ha fatto riscoprire le ragioni profonde della nascita dell’Europa, la sua identità multiculturale e la sua essenza : “la massima diversità possibile in uno spazio molto ristretto”. 

Ma andando oltre gli aspetti politici e sociali, ci sono altri punti importanti che il Cancelliere ha voltuo sottolineare e che il nostro Paese deve tenere ben a mente. 

Il mondo diventerà di 8 o 10 milierdi di abitanti in futuro, e “ciascuno dei nostri Stati nazionali europei è, da solo, troppo piccolo per difendere i propri interessi e valori”

Il nostro partner importante è l’America, ma oer quanto forte questo rapporto possa essere, “lo sguardo di Washington è sempre più rivolto alla competizione con la Cina e alla regione Asia-Pacifico.”

Un’Unione europea con 30 o 36 Stati membri sarà comunque diversa da quella attuale. Non c’è bisogno di dirlo. Il centro dell’Europa si sta spostando verso est” 

Ragionando in termini di business, queste condizioni assieme mettono il notro Paese in una posizione diversa da quella nella quale eravamo abituati e ci costringono a ragionare su  un panorama molto più ampio. 

Non possiamo più contare sul solo mercato interno, perchè la sua  sostanziale ininfluenza lo rende economicamente poco sostenibile, e dobbiamo con determinazione guardare ai mercati internazionali. 

Dobbiamo metterci nelle condizioni di sostenere, e difendere, noi stessi: specialmente noi Italiani non potremmo più contare sull’ombrello che l’America ha sempre posto sopra le nostre teste come “ultimo avanposto” dell’occidente. 

Sintetizzando, guardiamo più in la’, più in alto e più lontano del nostro perimetro, e vediamo il cambiamento come una reale opportunità. 

Per questo, ancora più interessante sono gli appunti sulla innovazione e le linee di sviluppo che le filiere di produzione dovranno affrontare. 

“Indipendenza economica non significa autosufficienza”, e l’Europa deve continuare a perseguire la sua propensione al libero commercio e quindi dotarsi ”di ulteriori accordi di libero scambio duraturi e di un’agenda commerciale ambiziosa” ma Scholz individua una strategia di “Made in Europe” del tutto simile al “Buy America” d’oltreoceano o alla costante volontà di attrarre investimenti in tecnologia che gli Stati Uniti continuano ad operare. 

Dovremmo dotarci di una capacità produttiva sui semiconduttori e su altri componenti fondamentali per lo sviluppo tecnologico, affrontare in maniera pan-europea il tema dela digitalizzazione, dello spazio e dell’energia,  e ragionare su nuovi paradigmi di economia circolare per “utilizzare questo potenziale in modo molto più efficiente di quanto già facciamo.”

La stretta del gas è certamente un ostacolo enorme da superare, ma l’obiettivo “di diventare un’Unione Europea neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050 ci offre un’enorme opportunità” che dovra portare ad una rete europea di produzione attraverso una comune infrastruttura fatta dall’eolico nel Nord Europa e dal solare nel Sud. 

Insomma un discorso pragmatico e di sorprendente ottimismo, che deve far riflettere ciascuno di noi come paese, come imprenditore e come individuo. 

Come si dice spesso, quando piove c’è chi si bagna e si lamenta e c’è chi produce ombrelli…

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